La realtà è più dura dei sogni
Le vendite fanno sempre i conti con il mercato e la concorrenza
Casper è l’azienda produttrice di materassi che, nell’arco di due anni, è passata da un valore di 1,1 miliardi di dollari per arrivare ad accettare l’offerta di Durational Capital Management. L’accordo, da perfezionare nel 2022, valuta oggi Casper 300 milioni di dollari, meno di quanto raccolto in capitale - 350 milioni.
Poteva andar peggio.
Nel 2018 Casper ha perso 92 milioni di dollari.
Nel 2019 la perdita è andata oltre i 70 milioni di dollari.
Nel 2020 e nel 2021 le perdite sono continuate, aggravate dalla pandemia, dai problemi sugli approvvigionamenti, dalla diminuzione delle vendite.
Casper ha provato tutto
Enormi spese per il marketing e l’acquisizione clienti -114 milioni di dollari nel 2019.
Un programma per 100 notti di prova che è costato 80 milioni di dollari nel 2018 - tutti i materassi resi devono essere distrutti perché non rivendibili.
Ha aperto un Nap Bar a New York, un locale dove si può fare un pisolino che pagavi 25 dollari per riposare 45 minuti.
È passata da essere un marchio DTC ad un marchio retail aprendo 60 negozi prima che la pandemia bloccasse il progetto di aprirne altri 200. Chiaramente il lockdown ha lasciato i negozi in perdita.
Ha progettato e provato a vendere accessori per il sonno, orologi da comodino, lampade per la notte. Nulla di quanto fatto ha convinto le persone a comprare più materassi.
Non basta rendere riconoscibile il prodotto
Credo che il primo materasso a rendersi riconoscibile come un oggetto di moda sia stato Tempur, con le fasce laterali colorate. Poi sono arrivati tutti, Casper, Leesa, Tediber, una riconoscibilità che si trova ormai ovunque in tutti i prodotti, compresi i prodotti italiani.
Il materasso era un parallelepipedo bianco di diverso spessore e costruzione, esposto in piedi, che si provava tastando la superficie con la mano. È diventato un oggetto che si presenta disteso e che si chiede di provare adagiandosi sopra per saggiare la consistenza e i materiali di costruzione. Le fasce laterali colorate, gli inserti sulla superficie, la consegna in scatola sottovuoto, sono diventati elementi che puntano alla memorabilità del prodotto.
Nel frattempo tutti i produttori si sono uniformati, utilizzano le stesse lastre di materiali, con formulazioni di schiuma molto simili. Le strategie di marketing e branding sono le stesse, la facilità di creare un’azienda online rende il mercato iper competitivo, le produzioni sono esternalizzate. Le diverse offerte potrebbero semplicemente sopraffare i consumatori, perché non si comprendono i fattori differenzianti.
La dura realtà
La dura realtà è che la vita media di un materasso è di almeno 10 anni ed arriva a 12 e più. Il consumatore medio è un soggetto privato, non sono le catene di alberghi. La ripetizione dell’acquisto è molto rara e non può essere la leva principale. Il passaparola si scontra con la concorrenza. La vendita di materassi è una vendita vecchio stile, mai d’impulso; l’aumento della concorrenza dilata i tempi di acquisto. E se vendi materassi devi sempre trovare nuovi clienti da strappare alla concorrenza.
Cosa insegna questa vicenda ai produttori DTC
C’è grandissima enfasi sui marchi DTC - Direct To Consumer, come se fosse facile costruire un marchio e venderlo direttamente al consumatore, saltando l’intermediazione commerciale, accorciando la catena del marketing, portando direttamente i clienti a comprare dal produttore che realizza così maggiori margini.
La narrazione è costruita sul fatto che sia sufficiente una buona storia, ben raccontata online, per creare un marchio credibile e redditizio.
La vicenda di Casper dimostra invece che le aziende, anche se crescono ad alta velocità, possono continuare a perdere e accumulare perdite su perdite.
La dura realtà dimostra che la crescita non è infinita e che molti marchi DTC raggiungono i limiti di crescita e devono affrontare durissime sfide per sopravvivere.
Non è solo una questione di acquisizione di clienti e spesa in marketing e pubblicità.
Dietro ogni azienda ci sono i problemi dei costi dei materiali, la catena di approvvigionamento e di consegna, la saturazione del mercato che non è mai infinito.
Quante sono le aziende DTC che incontreranno, a breve, i problemi e il destino di Casper?
La rete logistica al centro della crescita e dello sviluppo di Amazon
Amazon potrebbe diventare il più grande servizio di consegna negli Stati Uniti entro il 2022. Il duopolio FedEx - UPS vede la sua posizione minacciata.
Amazon afferma di aver raddoppiato le dimensioni della sua rete di distribuzione dal solo 2019 e la società ha superato le 930 strutture negli Stati Uniti. Circa 100 di questi, tra centri di distribuzione, centri di smistamento e stazioni di consegna dell'ultimo miglio, sono stati aperti proprio lo scorso settembre. La società ha anche assunto 670.000 dipendenti negli ultimi due anni, portando il suo organico totale a 1,4 milioni.
Entro il 2022 Amazon avrà 85 nuovi cargo per le sue linee aree con propri equipaggi di voli.
I costi di adempimento sono aumentati del 50% su base annua per arrivare a 473 milioni di dollari.
I costi di spedizione sono saliti a 18 miliardi di dollari +20% su base annua
Nel 2021 Amazon avrà spedito 6,3 miliardi di pacchi in US pari al 66% del volume totale di Amazon. Nel 2019, Amazon spediva solo il 42% dei propri pacchi.
Amazon rappresenta il 13% del fatturato totale di UPS e questo è un bel rischio (per UPS)
Fonti: Report trimestrali su Amazon disponibili su Seeking Alpha
Il paradosso di Amazon
Tutte le normative antitrust che discendono dallo Sherman Act, Stati Uniti 1890, puntano il dito contro i monopoli basandosi sull’interesse dei consumatori.
I monopoli impediscono lo sviluppo della concorrenza e danneggiano i consumatori. Il problema è che questo ragionamento logico difficilmente si applica ad Amazon
Amazon è il titano del commercio del ventunesimo secolo. Oltre ad essere un rivenditore, è una piattaforma di marketing, una rete di distribuzione e logistica, un servizio di pagamento, un servizio di prestiti, una casa d'aste, un importante editore di libri, un produttore televisivo e di film, un fashion designer, un produttore di hardware e un importante host di spazio cloud server.
Se guardi solo ai prezzi bassi per dimostrare che esiste una sana concorrenza, è difficile spiegare come una società come Amazon che ha portato così enormi vantaggi ai consumatori - per non parlare del fatto che Amazon ha rivoluzionato il commercio elettronico in generale - potrebbe, alla fine del giorno, minacciare i nostri mercati.
Per dare un senso alla contraddizione bisognerebbe spiegare che se le attività di Amazon tendono a ridurre i prezzi dei prodotti, il che è considerato un bene per i consumatori, in ultima analisi questo è un male per i consumatori.
Ma dove e quando è un male?
La discussione è molto seria e va al di là delle opposte tifoserie pro e contro.
Vi consiglio di leggere, per chi interessa, The Yale Law Journal "Amazon’s Antitrust Paradox" di Lina M. Khan. È del 2017, ma è ancora molto attuale e documentato.