C’è stato un tempo, che molti ancora ricordano, quando bastava appendere un cartello “Saldi” nella vetrina di un negozio in solo due occasioni all’anno, per creare code di clienti in attesa di entrare per comprare.
Ma questo è poco più di un ricordo, parte di un mondo che è esistito fino alla fine degli anni ‘70 del secolo scorso, perché a ben guardare e sapere, era abitudine consolidata trattare il prezzo di vendita di ogni prodotto, prima di estrarre i soldi e pagare alla cassa.
I tre prezzi al pubblico nel negozio di tessuti di mio padre
Nel negozio di tessuti di mio padre, che arrivava da una tradizione di famiglia fondata dal nonno, c’erano tre prezzi, rigorosamente scritti in una sigla comprensibile solo dai commessi e mai rivelata ai clienti.
Quando il cliente arrivava in cassa
Il primo prezzo era quello che conosceva a voce e che gli era stato trasmesso dal commesso.
Il secondo prezzo non lo conosceva ed era il prezzo che si applicava, quando il cliente chiedeva lo sconto. Questo prezzo era una prima sigla del conto.
Il terzo prezzo, anche questo sconosciuto al cliente, era il prezzo che poteva esser fatto dopo una trattativa più intensa, ed era una seconda sigla del conto.
Si avviava una veloce trattativa e il cassiere applicava, a discrezione, il prezzo che riteneva più giusto per il cliente che aveva davanti in quel momento. Nuovo cliente, cliente occasionale, cliente affezionato, erano tutte valutazioni immediate del cassiere.
La trattativa si concludeva con entrambi soddisfatti.
Ma c’era anche il caso di acquisti molto importanti, che in una economia agricola come quella dominante in Veneto fino a tutti gli anni ‘60, era rappresentata dai corredi - l’acquisto di una vita per chi “metteva su” una famiglia, dove la contrattazione sul prezzo finale era ben più lunga e non si concludeva in negozio.
Ci si spostava in osteria e di fronte a una birra e qualche ombra di rosso si concludeva il contratto con il prezzo finale e con la dilazione del pagamento che seguiva il ciclo dei raccolti stagionali.
L’introduzione del prezzo fisso negli anni ‘70
È solo a partire dagli anni ‘70 che inizia ad apparire il prezzo fisso in tutti i negozi, visibile sul cartellino della merce, esposto al pubblico, messo in vetrina, indiscutibile alla cassa.
È questa generale adozione del prezzo fisso che discrimina il cliente evoluto (“moderno”) che paga senza discutere il prezzo, da chi non perde l’abitudine di ribattere.
È questo prezzo fisso, dagli anni ‘70 in poi, che unifica il commercio in tutta Italia, tra centro e periferia.
Ed è in questo contesto che i saldi - descritti in apertura, diventano una festa dell’acquisto e rappresentano le occasioni in cui si formano le code dei clienti di fronte ai negozi più ambiti e rappresentativi.
Il battito del tamburo del risparmio
EDLP è la sigla che indica Everyday Day Low Price, prezzi bassi tutti i giorni: una pratica che entrata da tempo nelle strategie comuni di tutte le insegne, sia fisiche che digitali.
Bassi e fissi
Risparmi senza aspettare le promozioni
Prezzi ribassati sempre
Prezzo bloccato e ribassato
Ad esempio, tutte le farmacie online hanno il prezzo dei prodotti tagliato da una percentuale iniziale di sconto, rispetto ad un prezzo di listino che proviene dalla raccomandazione del fornitore.
Ma è anche la strategia di presentazione del prezzo di grandi siti di ecommerce che utilizzano il vecchio “XX% di sconto sul prezzo originale ”, l’esempio comune ed eclatante, in particolare quando l'oggetto non è mai stato veramente venduto per quel “prezzo originale”.
E indipendentemente dal fatto che il consumatore accetti o meno la validità di prezzi alti/bassi, molte aziende hanno costruito un'attività promozionale su una elevata percentuale di risparmio. Questo fa parte della loro proposta di valore, sia che le offerte siano espresse come punti di prezzo o come percentuali generali.
Il caso di scuola è JCPenney, negli Stati Uniti (un decennio fa) quando il rivenditore ha deciso di abbandonare la sua dipendenza da risparmi percentuali "falsi" e ha subito le conseguenze con i suoi clienti principali che hanno risposto a quella tattica, abbandonando gli acquisti e i negozi. La traversata del deserto per questa insegna non si è ancora conclusa, anche se è interessante seguire quello che sta facendo, dagli accordi con Sephora, alla riprogettazione degli spazi e del merchandising.
Tre evidenze incontrovertibili
1 - sognare il ritorno al passato non ha senso.
Ognuno di noi ha una propria “età dell’oro” che rimane un sogno a cui ancorarsi.
Non si torna ad una età mitica in cui i prezzi sono “imposti” dal venditore, che apre alcune finestre di sconto a sua discrezione.
È impossibile, perché è successo in un breve periodo irripetibile e perché dovrebbe essere sempre connesso alla trattativa perenne con il cliente che vota con il suo portafoglio.
Inoltre l’anno commerciale è ormai contraddistinto da scadenze più o meno interessanti e da promozioni di mezza stagione, sconti di fine stagione, san valentini, feste del papà, della mamma, del nonno, ritorno a scuola, e altro ancora…
Infine, l’introduzione di Prime Day in luglio e Black Friday in novembre hanno definitivamente spostato le stagioni commerciali e si deve tenerne conto
2 - i prezzi sono sempre dinamici
I prezzi sono costantemente in variazione, mutano continuamente. Un paio di settimane dopo il Black Friday o dopo il Prime Day, alcuni prezzi di prodotti iconici potrebbero essere migliori (per il cliente) delle settimane precedenti. Ognuno di noi compra ad un prezzo diverso e viviamo in un modo di prezzi dinamici, con fluttuazioni legate sia ai calendari commerciali che a variazioni di interesse dei consumatori e di politiche commerciali.
La terza evidenza è che l’abitudine a far di conto con la matematica elementare è una abilità persa per molti clienti e altrettanti venditori.
In generale c’è tendenza a confondere la “dimensione dell’intero” con la “percentuale di variazione del prezzo”.
Le pratiche utilizzate da rivenditori e marchi per mantenere i margini, come la shrinkflation , in cui le dimensioni o il volume del contenuto in un contenitore, vengono ridotti di una certa percentuale mantenendo lo stesso prezzo, hanno conquistato i titoli dei comunicati.
L’aumento dell’inflazione farà crescere la consapevolezza dei consumatori sui prezzi?
I clienti presteranno più attenzione ai prezzi unitari sullo scaffale?
Sul fronte dei venditori è drammatica la condizione di chi non sa riconoscere la differenza tra
percentuale di ricarico sul prezzo di acquisto per arrivare al prezzo di vendita
e margine commerciale sul prezzo di vendita.
È drammatica, soprattutto per chi vende online, perché rischia di essere fuori mercato e in perdita quando somma percentuali di conto, vendite a performance, azioni promozionali su canali diversi, senza una chiara capacità di controllo e di valutazione del limite a cui prestare attenzione.
Infine due domande per una possibile discussione.
1 - Quali sono le tattiche di messaggistica dei prezzi più efficaci - percentuale di sconto, Compra Uno Ricevi Uno, altro… per spostare la merce dal negozio al cliente
2 - Quali preoccupazioni etiche dovrebbero guidare i rivenditori nel loro messaggio di prezzo ai consumatori?
Penso debba nascere una nuova era, una nuova alleanza fra fra negozianti e clienti. Occorre più consapevolezza che con centri prezzi ci si perda tutti, il negoziante perché vende in perdita e anche il cliente perché contribuisce a indebolire il tessuto sociale facendo chiudere le insegne. La sostenibilità economica è un tema altrettanto importante rispetto a quella ambientale e credo si possa ottenere solo attraverso una pratica trasparente delle scontistiche e una spiegazione puntuale dei prezzi pieni.