Come cambia il commercio
Una visione del commercio che cambia per non arrendersi agli eventi.
Negli ultimi 50 anni il commercio ha passato diversi grandi mutamenti. Al solo fine di semplificare i ragionamenti, senza banalizzarli, le date importanti sono queste.
Anni ‘70
I negozi tradizionali, con i commessi in divisa e i banconi che separavano i clienti dalle merci, cambiano rapidamente immagine. Certo, esistevano già i department store, ma la distribuzione tradizionale era dominante. Il cambiamento è portato dai negozi londinesi in Carnaby Street e da Elio Fiorucci e Benetton in Italia.
In 10 anni, il panorama delle città italiane sarà completamente modificato dalle nuove insegne commerciali e dal layout dei nuovi negozi. Questi negozi sono gestiti da una nuova classe emergente di imprenditori commerciali molto giovani.
Anni ‘80
È a metà degli anni ‘80 che in Italia si costruiscono i primi centri commerciali. È interessante notare che, nelle prime installazioni, sono i negozi del centro urbano che occupano le posizioni nei centri commerciali. Durano poco, perché sono rapidamente sostituiti da altri imprenditori e da proposte commerciali diverse dai negozi del centro. Assortimenti diversi, prezzi più bassi, animazione commerciale diversa. Il centro commerciale non è la dependance dei negozi del centro urbano.
Anni 2000
Dai centri commerciali ai parchi commerciali, crescono le dimensioni medie delle superfici commerciali.
È interessante notare che il relativo benessere cresciuto negli anni ‘80 e ‘90 è coinciso con il mutamento della destinazione abitativa dei centri storici.
Per decenni, in Italia il centro della città era abitato, in modo molto misto, da classi popolari e benestanti e il tessuto commerciale era molto vario. Nei centri urbani trovavi una enorme varietà di commerci e servizi che servivano in gran parte una popolazione residente. Dagli anni ‘50 in poi il centro urbano si è sempre aggiornato dal punto di vista commerciale, servendo sempre una popolazione residente che si serviva della struttura commerciale per le proprie necessità quotidiane.
Nel momento in cui la riqualificazione edilizia dei centri storici italiani muta gli spazi abitativi, accrescendo il valore immobiliare e i canoni di locazione, si sposta la residenza e i grandi negozi crescono all’esterno della città, la varietà commerciale esce dai centri urbani e si trova nei parchi commerciali e nei centri commerciali.
A dimostrazione che il commercio non è una attività indipendente dalla gestione ordinata degli spazi urbani.
Calo delle superfici commerciali
Questi dati mostrano come la superficie commerciale dal 2007 in poi, diminuisca notevolmente con una forte accelerazione intorno al 2008 con la crisi finanziaria. Il saldo totale è negativo soprattutto per la distribuzione tradizionale che sta soccombendo nei centri urbani.
Due anni di pandemia, con le abitudini dei clienti modificate, accresceranno questo divario.
Basta leggere i dati di Cribis aggiornati al 30 settembre 2021.
6761 imprese italiane hanno dichiarato fallimento +43,6% rispetto al 2020
1995 imprese nel commercio
1659 imprese nei servizi
1235 imprese nell’edilizia
1084 imprese nell’industria
Non è ancora un terremoto con tsunami, perché molte imprese negli ultimi due anni hanno resistito, sperando nel ritorno alla normalità.
Ma il “tener duro”, che si è scontrato con l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei semilavorati, l’allungamento dei tempi di consegna dall’estero, l’aumento dei costi energetici, sta bruciando enormi quantità di ricchezza per cercare di salvare le attività. Pensare di vivere ancora in un periodo di espansione vuol dire non capire, o non voler leggere, la realtà.
E l’ecommerce?
L’ecommerce, la vendita online arriva dal 2000 in poi. È un fenomeno naturale, è l’estensione della vendita a catalogo che passa in rete.
In vent’anni di presenza la vendita online rappresenta il 14% circa del totale delle vendite retail.
La narrazione dell’ecommerce
Si può separare la crescita dell’ecommerce dalla sua narrazione?
Ho sempre l’impressione che la ricerca ponga attenzione al valore delle percentuali. Se cresce la percentuale di vendite online sulle vendite retail, il movimento è progressivo. Se la percentuale di vendite online sul totale retail rallenta o cala, siamo in un momento di regressione.
Non credo sia il modo migliore di guardare al commercio.
Anche se la crescita percentuale delle vendite online negli ultimi dieci anni è cresciuta meno delle aspettative, non si può dire che il commercio oggi sia lo stesso di dieci anni fa.
Sempre guardando a quello che è successo negli anni in osservazione:
la classe giovane di imprenditori anni 70 e 80 che hanno mutato il commercio non esiste più, ha chiuso da tempo, gli epigoni sono a fine carriera e non hanno ricambio;
le piccole organizzazioni commerciali che sono cresciute di dimensione, oggi sono in sofferenza sulle posizioni commerciali sia nei centri urbani che nelle collocazioni esterne, centri e parchi commerciali;
anche la gran parte degli early adopter dell’ecommerce ha gettato la spugna, pur se cresce il numero delle attività presenti online;
è già cambiato l’approccio alla vendita online delle grandi organizzazioni commerciali e dei marchi;
i marketplaces di oggi non sono gli stessi di dieci anni fa;
tutto quello che succede sul commercio tradizionale coinvolge la vendita online.
Il commercio è un’attività costosa
I costi fissi sono sempre in salita;
I clienti sono infedeli;
non c’è barriera, apparente, all’ingresso.
La barriera all’ingresso c’è e si esprime nei costi per gestire un’attività commerciale e nel rendimento per metro quadrato di superficie calpestata o per metro lineare di scaffale per i negozi in punto fisso. Per i negozi online il volume d’affari minimo per addetto è molto simile a quello dei negozi in punto fisso.
Il valore da considerare è il costo del traffico che per i negozi fissi è il costo immobiliare, il costo del canone di locazione o il costo dell’affitto di ramo d’azienda in un centro commerciale.
Devi vendere per pagare i costi fissi, i costi variabili e i costi delle merci, considerando che l’utile è un costo da inserire in ogni bilancio di previsione.
Per l’ecommerce (per il commercio), quando l’80% dei clienti comprano una sola volta vista la grande possibilità di scelta e la limitatezza delle disponibilità economiche, tutto è determinato dal costo di acquisizione del cliente.
In questo calcolo entrano tutti i costi di generazione del traffico, i costi di marketing, le svalorizzazioni e promozioni.
Il commercio è sicuramente fantasia, opportunità, intuito e sapienza, ma è anche matematica ed il muro dei numeri è duro e non scalfibile.
Quanti sono gli ecommerce che calcolano in modo efficace questi costi e che investono di conseguenza?
Ecommerce vs marketplace
È interessante notare che mentre avanza la consapevolezza che la vendita online su un ecommerce ha costi importanti, quando fino a pochi anni fa si poneva enfasi sui costi inferiori della vendita online, siano in molti che pensano che la scorciatoia economica sia vendere sui marketplace.
Non me la sento di investire nell’ecommerce, è più facile sul marketplace dove posso ottenere di più e prima.
Ma non è così. Anche vendere sui marketplaces è complesso e difficile.
Grazie a Giorgio Taverniti
Queste riflessioni, necessariamente parziali, nascono da una richiesta di dati da parte di Giorgio Taverniti per il suo numero di FastLetter (abbonatevi e seguite). Nel dare a Giorgio alcuni numeri è inevitabile accorgersi che siamo di fronte ad una cesura importante che arriva da due anni di pandemia e si aggrava con la guerra in corso.
Il commercio è colpito dal lockdown fisico, l’aumento dei prezzi delle materie prime, i ritardi nelle consegne, il Green Pass, l’inflazione, il calo dei consumi, il caro bollette e il caro carburanti.
Come cambia il commercio, come si evolve e cosa fare è oggetto di queste e delle prossime riflessioni a cui chiedo di contribuire, se volete.
Mi rivedo in tutto con la mia azienda che ha aperto un punto vendita fisico DOPO l'ecommerce. Attendo con ansia di leggere eventuali strategie, noi per adesso sopravviviamo (ma non prosperiamo) diversificando il più possibile gli introiti, ma la coperta è cortissima.
Grazie per questo approfondimento, doveroso, sul Commercio. Abbiamo ora alcuni punti di riferimento essenziali. Fantastico :)